L'attività fisica regolare e controllata, costituisce elemento essenziale per mantenere in forma il proprio corpo e, unitamente ad uno stile di vita adeguato, rende meno probabili numerose forme patologiche.
L’argomento è assolutamente complesso e questo mio scritto non ha pretese di completezza e le nozioni integrate dovranno essere considerate puramente informative, non orientate verso attività sportive professionali. Occorrerà inoltre ricordare che non esistono regole matematiche valide per tutti, in quanto la risposta all'esercizio fisico può essere variabile da persona persona e da caso a caso. È sempre importante quindi consultarsi con il proprio diabetologo. Il centro antidiabetico di Matera e la APD, si stanno impegnando per organizzare corsi e seminari su varie tematiche inerenti il diabete, compreso l'argomento trattato in questa sede.
Prima di tutto occorrerà affrontare e cercare di chiarire alcuni concetti basilari validi per tutti, per poi comprendere cosa accade in presenza di diabete.
I nostri muscoli per funzionare hanno bisogno di energia così come una auto necessita del carburante e la batteria di uno smartphone richiede periodiche ricariche.
Gli elementi necessari per assicurare energia al tessuto muscolare, sono rappresentati dall'ossigeno, dagli zuccheri, e dai grassi.
Il glucosio si ritrova libero nel sangue, oppure immagazzinato sotto forma di glicogeno soprattutto nel fegato e nei muscoli stessi.
I lipidi sono rappresentati dagli acidi grassi che circolano liberi nel sangue (NEFA) e dai trigliceridi fonte di acidi grassi, che si ritrovano principalmente nel tessuto adiposo.
Gli elementi necessari per assicurare energia al tessuto muscolare, sono rappresentati dall'ossigeno, dagli zuccheri, e dai grassi.
Il glucosio si ritrova libero nel sangue, oppure immagazzinato sotto forma di glicogeno soprattutto nel fegato e nei muscoli stessi.
I lipidi sono rappresentati dagli acidi grassi che circolano liberi nel sangue (NEFA) e dai trigliceridi fonte di acidi grassi, che si ritrovano principalmente nel tessuto adiposo.
Fondamentale per ricaricare i muscoli di energia, è la cosiddetta ATP (adenosina-trifosfato) molecola formata da alcuni legami chimici altamente instabili in grado accumulare, per poi liberare durante processi ossidativi dei nutrienti, l'energia necessaria alla contrazione muscolare.
Possiamo quindi paragonare l'ATP ad una centrale elettrica che funziona con numerose risorse, dai carboidrati, dai grassi e in misura minore dalle proteine.
La quantità maggiore di energia viene prodotta in presenza di ossigeno nei mitocondri, piccoli organelli intracellulari. In parte simile alla ATP è la CP o creatin-fosfato muscolare, che però assicura come vedremo, una piccolissima quantità energetica.
Da quanto detto, si intuisce l'importanza dell'ossigeno e quindi della funzione polmonare, dell'apporto nutritivo e dell'azione ovviamente degli ormoni.
L'ossigeno proveniente dall'aria ambientale dovrà essere trasportato alle cellule per produrre l'energia richiesta da uno sforzo; per ottenere questo è necessaria l'interazione di un complesso sistema che integra numerosi organi come l'apparato respiratorio, cardiaco e l'apparato circolatorio congiuntamente al tessuto muscolare.
Tutti questi elementi interagiscono in maniera complessa fra loro.
Restando in ambito respiratorio, possiamo affermare che ogni soggetto ha una diversa massima capacità di utilizzo di ossigeno (VO2 massima) che varia in funzione dell'età, del sesso, del grado di allenamento ed è correlata in maniera lineare alla frequenza cardiaca. Conoscendo quindi la propria frequenza cardiaca durante la prestazione atletica (questo può essere ottenibile utilizzando appositi braccialetti oppure smart Watch -esempio Apple Watch) si è in grado, anche se in maniera più o meno precisa, di stabilire il grado di intensità dello sforzo che si sta compiendo e se si supera la soglia anaerobica (vedere oltre).
Tutto questo come vedremo può avere la sua importanza...
Una misura precisa di tale parametro, però, utile in ambito sportivo professionistico, richiede esami specifici e relativamente complessi.
È arrivato quindi il momento di mettere a fuoco dopo quanto detto, alcuni concetti fondamentali.
Semplificando, la produzione di energia può essere ottenuta con tre sistemi:
- metabolismo aerobico: viene privilegiato per sforzi di lieve o anche di moderata intensità. Come energia sono utilizzati soprattutto gli acidi grassi liberi nel sangue riforniti dai trigliceridi presenti nel tessuto adiposo e successivamente, aumentando il consumo di ossigeno, aumenterà anche il consumo dei carboidrati, cioè degli zuccheri che provengono in prima istanza dalla scissione del glicogeno epatico e muscolare, per cercare di mantenere costante la glicemia.
Ovviamente tale sistema richiede una sufficiente presenza di ossigeno e quindi una adeguata ventilazione in quanto sia i carboidrati che gli acidi grassi combinandosi con l'ossigeno, formano anidride carbonica che potrà essere eliminata tramite i polmoni e producono energia che va a ricostruire le scorte di ATP. Il metabolismo aerobico quindi in alcuni casi, come per esempio l'aumento della intensità dello sforzo, non può essere utilizzato indefinitivamente; oltre la cosiddetta “soglia anaerobica”, all’aumentare dell’entità dello sforzo, le vie metaboliche che privilegiano l'ossigeno, non saranno più in grado di fare fronte a tutte le richieste energetiche... si attiveranno pertanto vie metaboliche alternative (es. la glicolisi anaerobica).
- Metabolismo anaerobico alattacido:
- metabolismo aerobico: viene privilegiato per sforzi di lieve o anche di moderata intensità. Come energia sono utilizzati soprattutto gli acidi grassi liberi nel sangue riforniti dai trigliceridi presenti nel tessuto adiposo e successivamente, aumentando il consumo di ossigeno, aumenterà anche il consumo dei carboidrati, cioè degli zuccheri che provengono in prima istanza dalla scissione del glicogeno epatico e muscolare, per cercare di mantenere costante la glicemia.
Ovviamente tale sistema richiede una sufficiente presenza di ossigeno e quindi una adeguata ventilazione in quanto sia i carboidrati che gli acidi grassi combinandosi con l'ossigeno, formano anidride carbonica che potrà essere eliminata tramite i polmoni e producono energia che va a ricostruire le scorte di ATP. Il metabolismo aerobico quindi in alcuni casi, come per esempio l'aumento della intensità dello sforzo, non può essere utilizzato indefinitivamente; oltre la cosiddetta “soglia anaerobica”, all’aumentare dell’entità dello sforzo, le vie metaboliche che privilegiano l'ossigeno, non saranno più in grado di fare fronte a tutte le richieste energetiche... si attiveranno pertanto vie metaboliche alternative (es. la glicolisi anaerobica).
- Metabolismo anaerobico alattacido:
Tale sistema produce piccole quantità di ATP e quindi di energia utilizzando la creatin fosfato muscolare. Questo processo si attiva per sforzi molti intensi ma di brevissima durata (es.5 secondi) e risulta ininfluente sui valori glicemici.
Questa via energetica (che utilizza solo glucosio) è in grado di fornire energia aggiuntiva per poco tempo e con minore efficacia (poche molecole di ATP per ciclo), dando luogo inoltre alla produzione di acido lattico, che induce la tipica sensazione di fatica (“il fiatone”) e i dolori ai muscoli che spesso costringono a ridurre l’intensità dello sforzo.
Nelle fasi molto iniziali o per gestire intensi e brevissimi sforzi, interviene come detto prima, anche il sistema del CP muscolare.
In definitiva, se la attività praticata è intensa e la quantità di energia necessaria supera le capacità del muscolo e del sistema di trasporto polmoni-sangue, non fornendo abbastanza ossigeno in rapporto alla quantità di glucosio bruciata, il muscolo utilizza anche il sistema anaerobico, contraendo però un “debito di ossigeno” (dispendio di energia senza contemporanea disponibilità adeguata di ossigeno).
Tale debito, può causare affaticamento e si "paga" al termine della attività sportiva in fase di recupero quando, in presenza di ossigeno, l'acido lattico muscolare ed ematico, viene gradualmente eliminato (circa 2ore) mediante trasformazione in piruvato e glucosio (possibile iperglicemia post esercizio).
Possiamo anche dire, in linea di massima, che fino a circa il 60% della VO2 max, il metabolismo è prevalentemente aerobico; oltre tale soglia si attiva il metabolismo anaerobico lattacido.
È possibile inoltre correlare la frequenza cardiaca massima (valore massimo raggiungibile da un dato organismo in presenza di sforzo massimale) alla VO2 max.
In pratica in base alla frequenza cardiaca, si potrà anche se in maniera approssimativa, capire se durante una attività fisica lavoriamo in aerobiosi oppure in anaerobiosi.
La frequenza cardiaca max si calcola nel modo seguente:
220-età.
Grazie alla seguente tabella potremo relazionare la nostra frequenza durante una attività fisica, con la capacità polmonare massima(VO2 max).
Facciamo un esempio:
Facciamo un esempio:
Un individuo di 40 anni avrà come frequenza max
220-40=180 pulsazioni minuto.
Come detto prima, in linea di massima la soglia anaerobica si colloca nel range compreso fra il 55-60% del VO2 max.
Il 70% (vedere tabella) di 180 è 126 bm. Superando tale frequenza si attiverà il metabolismo anaerobico.
In realtà le cose non sono affatto così semplici e lineari...
Le variabili sono davvero tante… a volte anche poco prevedibili.
Per i muscoli è maggiormente conveniente utilizzare il glucosio come fonte energetica, in quanto, a parità di ossigeno consumato, la produzione di energia è maggiore rispetto a quella che si otterrebbe utilizzando acidi grassi.
Durante l’esercizio fisico, la muscolatura aumenta la sua capacità di captare ed utilizzare il glucosio ematico. E’ importante che i muscoli, soprattutto per esercizi di media bassa durata (es. 1 ora) abbiano sempre la giusta quantità di glicogeno che viene costituita grazie ai carboidrati alimentari.
Per sforzi di bassa o media intensità prolungati (es. 4-5 ore) in genere vengono utilizzati come fonte energetica, i grassi.
Il fulcro della questione è quindi che i vari sistemi metabolici (aerobico, anaerobio lattacido ed anaerobio alattacido) sono utilizzati dall’organismo in base al tipo, alla intensità e alla durata dell’attività fisica, sovrapponendosi l’uno con gli altri in particolari condizioni.
Ecco alcuni esempi:
Nelle attività di potenza e di durata brevissima (sotto i 20 secondi), come per esempio nel sollevamento pesi, i muscoli utilizzano soltanto l’ATP e il CP (creatin fosfato) presenti. La capacità energetica in questi casi è realmente limitata, tanto da non garantire le massime prestazioni neppure per il breve periodo di una corsa di 100 metri.
Nelle attività che durano fino a 45-60 secondi si consumano le riserve di ATP e si utilizza in prima istanza il glicogeno. Le fonti energetiche prevalenti sono quindi quelle anaerobiche.
Per sforzi della durata prossima ai 2 minuti, circa la metà dell’energia è ancora ottenuta da fonti di tipo anaerobico, e l’altra metà da fonti di tipo aerobico (lavoro aerobico-anaerobico alternato).
Quando si superano i 2 minuti, il ricorso alle fonti aerobiche aumenta sempre più all’aumentare della durata dell’attività … fino a che nell'esercizio che dura parecchie ore, La quasi totalità energetica è fornita da fonti aerobiche (l’apporto dovuto alle fonti anaerobiche è trascurabile).
Ricorda:
Nel lavoro anaerobico, esaurite le piccole scorte di ATP e CP, viene utilizzato il glicogeno.
Durante attività aerobiche, i muscoli utilizzano sia i grassi che gli zuccheri in percentuali che dipendono dalla alimentazione e dalle caratteristiche della prestazione sportiva.
All’inizio dello sforzo sono maggiori le percentuali di glucosio utilizzate.
Durante un lieve sforzo l’apparato muscolare utilizza quasi esclusivamente i grassi come fonte energetica. Man mano che l’esercizio diventa intenso, inizia l’utilizzazione di glicogeno che cresce sempre più con l’intensità dello sforzo fino a potere costituire praticamente l’unica fonte energetica. Il glicogeno però può esaurirsi se non viene ricostituito, e per attività di lunga durata (es. 3-4-5 ore) inizia il consumo di grassi che possono anche fornire il 70% della energia totale (ricordo che in fase di riposo circa l’85% del fabbisogno energetico viene garantito dagli acidi grassi e solo il 15% circa dai carboidrati).
Stiamo per affrontare l’argomento in maniera maggiormente pratica. Purtroppo le notizie sopra riportate, seppur semplificate, sono necessarie per la gestione del diabete in caso di attività sportiva.
- Esistono sport aerobici, anaerobi e misti. In realtà anche uno sport aerobico può avere momenti di metabolismo anaerobico e viceversa.
- E’ fondamentale controllare durante attività fisica (prima ed anche poi) spesso la glicemia.A tale scopo aiutano infinitamente gli holter glicemici.
- potrà essere necessario prima e sicuramente durante esercizio protratto, integrare con carboidrati.
- al termine dell’esercizio possono verificarsi due situazioni (tali situazioni saranno ovviamente significative in presenza di diabete e di terapia insulinica):
1) Ipoglicemia: (possibile ovviamente anche durante la attività) dovuta sia al consumo di glucosio in base al tipo di sport e sia per la ricostituzione delle scorte di glicogeno muscolari ed epatiche. In alcuni casi tale tendenza ipoglicemia può persistere per numerose ore. Affronteremo l’argomento tra poco…
2) iperglicemia: come prima accennato, se durante la prestazione sportiva si accumula troppo acido lattico, verrà nella fase di riposo convertito in parte in glucosio.
Al termine di questa parte, prettamente biochimica, propongo una brevissima lista dei principali tipi di sport e di esercizio correlati al tipo di metabolismo (NB: prevalente… in quanto anche uno sport anaerobio può avere fasi anaerobiche e viceversa…) aerobico, anaerobio o misto implicati:
- Aerobici: Salti e lanci dell'atletica leggera, corsa di velocità pura (sprint), sci: discesa
- Anaerobici: Discipline di fondo: corsa, sci, nuoto. Ciclismo su strada
- Misti: Sport di squadra, judo
- Misti: Sport di squadra, judo
Prima di concludere su come affrontare in pratica l’attività fisica…propongo una domanda… ma cosa “combinano” gli ormoni durante il lavoro muscolare?
Normalmente, in condizioni di riposo, il glucosio ematico (glicemia) viene mantenuto relativamente costante, grazie all’interazione di tantissimi elementi:
Numerosissimi gli attori e le attrici principali (prima su tutti Lina l’insulina :-) , insieme a registi, comparse… ognuno svolge il proprio indispensabile compito.
Vediamo quindi un “trailer” della regolazione glucidica….
Regolazione glucidica in assenza di diabete e a riposo.
Il glucosio ematico, fondamentale per il “nutrimento” del cervello ma anche dei muscoli, deriva da una complessissima rete di interazioni, ormonali, biochimiche…
L’insulina, ha un ruolo di primo piano per la regolazione del glucosio. Stimola la glicogenolisi epatica, cioè la formazione di glucosio dal glicogeno, favorisce anche la gluconeogenesi epatica (formazione di glucosio partendo da vari substrati come lattato, alanina e glicerolo); l'insulina lavora anche con il glucagone (ormone controinsulare, cioè che tende ad alzare la glicemia).
L’insulina ovviamente favorisce anche la captazione e l’utilizzazione degli zuccheri da parte delle cellule. In contemporanea, sempre Lina (l’insulina :-), bilanciata da altri ormoni controinsulari come le catecolamine (adrenalina e nor-adrenalina) stimola la lipolisi (formazione di acidi grassi liberi dal tessuto adiposo o NEFA) e gli acidi grassi vengono captati dal muscolo.
L’insulina ovviamente favorisce anche la captazione e l’utilizzazione degli zuccheri da parte delle cellule. In contemporanea, sempre Lina (l’insulina :-), bilanciata da altri ormoni controinsulari come le catecolamine (adrenalina e nor-adrenalina) stimola la lipolisi (formazione di acidi grassi liberi dal tessuto adiposo o NEFA) e gli acidi grassi vengono captati dal muscolo.
Contemoranemanete insulina e catecolamine inibiscono utilizzazione del glucosio da parte dei fasci muscolari.
Regolazione glucidica in assenza di diabete durante attività aerobica.
Gli ormoni controinsulari stimolano il fegato a produrre glucosio (glicogenolisi e gluconeogenesi) che riversato nel sangue nutre sopratutto il cervello e i muscoli. Gli stessi ormoni stimolano la lipolisi con produzione di acidi grassi liberi captati dai muscoli.
A sua volta dal tessuto muscolare vengono rilasciati i substrati neo-glicogenici (Glicerolo, alanina, lattato, piruvato) che captati dal fegato vengono utilizzati per immagazzinare glucosio.
Diminuisce fisiologicamente la secrezione di insulina (che comporta l'attivazione lipolitica del tessuto adiposo, aumentata conc. plasm. di NEFA , aumentata captazione epatica di NEFA, accelerata chetogenesi). In ogni caso l'insulina aumenta l’utilizzazione degli acidi grassi nei muscoli (mediante l'attività di IGF-1, chinine, prostaglandine, sensibilità dei recettori per l’insulina, esposizione dei recettori per l’insulina, etc) ed inibisce la glicogenolisi e la gluconeogenesi.
Regolazione glucidica nel diabete tipo 1 durante attività fisica.
Ed eccoci arrivati, dopo tanti discorsi noiosi -per quanto semplificati- ma necessari se si vuole gestire in maniera attiva e consapevole il proprio diabete, alla parte pratica…
Il punto cruciale, essendo nel diabete tipo 1 assente o quasi la produzione spontanea insulina, è lo
Stato di insulinizzazione
Insulina bassa: il fegato produce glucosio per azione degli ormoni controinsulari (es. glucagone), ma il muscolo non è in grado di utilizzarlo; si ha un aumento della lipolisi (azione delle catecolamine) e chetogenesi. Esiste rischio di iperglicemia e chetosi (il binomio deficit insulina-attivazione lipolisi tessuto adiposo-, aumenta la concentrazione degli acidi grassi liberi o NEFA-captati dal fegato con successiva chetogenesi).
In mancanza di insulina, iperglicemia e chetogenesi sono maggiormente possibili durante sforzi anaerobici soprattutto se associati a stress precedente la prestazione.
In mancanza di insulina, iperglicemia e chetogenesi sono maggiormente possibili durante sforzi anaerobici soprattutto se associati a stress precedente la prestazione.
Insulina alta: Il fegato non produce la necessaria quantità di glucosio per bilanciare il consumo da parte dei muscoli (carenza di glucagone). Rischio di ipoglicemia. In assenza di neuropatia, come risposta alla ipoglicemia, possono verificarsi iperglicemie da rimbalzo.
Si comprende come la gestione della attività fisica in soggetti che assumono insulina (diabete di tipo 1 ma anche di tipo 2) sia problematica ed il controllo glicemico dipende da una infinità di fattori; solo per citarne alcuni: alimentazione pre esercizio, quantità di insulina, tipo ed intensità dell’esercizio e distanza dal pasto, forma fisica, temperatura, etc.
Non esistono regole fisse in quanto ogni atteggiamento comportamentale, va personalizzato, con l’aiuto del diabetologo e con la conoscenza di noi stessi.
Come comportarsi quando si è in procinto di fare attività fisica?
Ecco qualche regola generale:
- In presenza di cattivo controllo (glicemia > 300 o glicemia > 250 + chetoni urinari) non iniziare l’esercizio e praticare un supplemento di terapia. in caso di ipoglicemia correggerla con carboidrati (vedere post sulla gestione delle ipoglicemie)
- Se il controllo è buono:
Come comportarsi quando si è in procinto di fare attività fisica?
Ecco qualche regola generale:
- In presenza di cattivo controllo (glicemia > 300 o glicemia > 250 + chetoni urinari) non iniziare l’esercizio e praticare un supplemento di terapia. in caso di ipoglicemia correggerla con carboidrati (vedere post sulla gestione delle ipoglicemie)
- Se il controllo è buono:
1. se l’esercizio è praticato durante il picco d’azione insulinica il dosaggio della iniezione precedente va ridotto fino al 50%
2. se l’esercizio è effettuato fuori dal picco d’azione insulinica il dosaggio della somministrazione insulinica precedente non va modificato, l’ipoglicemia va prevenuta con l’assunzione di CHO extra basandosi sul valore glicemico pre - esercizio.
3. nelle ore successive all’attività, va adeguatamente ridotto il dosaggio di insulina (sempre sotto stretto controllo glicemico...Come abbiamo visto però, ma è opportuno ribadirlo, in genere dopo attività fisica c'è tendenza all'ipoglicemia... ma non sempre... in alcuni casi può verificarsi iperglicemia...
Sempre se si svolge attività fisica durante il picco insulinico posts prandiale (1 ora, 1 ora e mezza) ecco uno schema che tiene conto anche del tipo di attività:
Riporto per semplicità ed immediatezza, una tabella, tratta da un lavoro del Dr. Gabriele Forlani, U.O Malattie del metabolismo, inerente alla assunzione di carboidrati rapportati ai valori glicemici e al tipo di esercizio:
In presenza di ipoglicemia, ovviamente andranno assunti carboidrati.
Il ripristino del glicogeno muscolare ed epatico, può condurre nel periodo successivo allo sforzo, ad una tendenza ipoglicemica.
Se ciò si verifica (valutare glicemia con stick o meglio Holter glicemico), si ridurrà eventualmente anche il bolo pranzo post esercizio.
Chi usa il microinfusore potrà variare la propria insulina basale (le modifiche dell'insulina basale, per potere avere effetto, andranno effettuate almeno due ore prima rispetto al periodo in cui si vuole ottenere l'effetto della modifica):
Prima: ridurre del 30% da 1 a 2 ore pre-esercizio.
Durante: ridurre del 10-30% (se attività lieve) o del 40-50% (se attività intensa), anche in
relazione all’entità del fluusso basale in utilizzo; per attività sostenuta la riduzione può arrivare ad
oltre il 70%.
Dopo: ripristinare il flusso basale standard (100%) per le 2 ore seguenti il termine dell’esercizio;
successivamente ridurre del 20% fino alle 12 ore successive.
Nel caso di trattamento multi iniettivo, occorrerà modificare la insulina lenta…
In questa situazione, la terapia è più rigida e la variazione della dose di insulina lenta risulta essere più complessa rispetto alla gestione del microinfusore.
In questa situazione, la terapia è più rigida e la variazione della dose di insulina lenta risulta essere più complessa rispetto alla gestione del microinfusore.
Non è possibile effettuare variazioni mirate della insulina lenta per il periodo dell’esercizio, senza microinfusore.
Alcuni atleti optano per insuline a media durata d’azione, che si somministrano 2 volte al giorno, a distanza di circa 12 ore (isofano, lyspro protaminata) ed offrono quindi la possibilità di effettuare almeno due variazioni della dose nell’arco delle 24 ore, in relazione all’orario della somministrazione di quest’ultime e dell’orario di svolgimento dell’attività fisica.
(Le notizie ultime riguardanti l’aggiustamento della insulina basale sono state tratte da: "Io, il diabete e lo sport" del gruppo Diabete tipo 1 e sport - AMD Lombardia).
Sì..., senza dubbio alle pratiche sportive nel diabete tipo 1, privilegiando quelle prevalentemente aerobiche, ma sotto stretto autocontrollo glicemico e da parte del diabetologo. (Le notizie ultime riguardanti l’aggiustamento della insulina basale sono state tratte da: "Io, il diabete e lo sport" del gruppo Diabete tipo 1 e sport - AMD Lombardia).
Importante:
Ricordare che anche se le proteine contribuiscono in piccolissima parte nell'abito del metabolismo energetico, sono in ogni caso indispensabili in un certo senso per "riparare" le fibre muscolari dopo uno sforzo. La dieta post esercizio dovrà tenere conto anche di questo aspetto contenendo il giusto apporto proteico.
CIAO DR. NICO. NELLO ULTIMO CONSIGLIO DIRETTIVO PROVINCIALE DI FINE ANNO 2015. IL PRESIDENTE TAMMONE RAFFAELE HA PREPARATO UN CALENDARIO DI INCONTRI, E TRA QUESTI, ANCHE INCONTRI DI INIZIATIVA LUDICA. APPENA POSSIBILE INVIO LA NOTA. domenico
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